L’editoriale di Lino Patruno: «Autonomia differenziata: rischio «porcata tris», la battaglia comincia ora»

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Ora non se ne venga il ministro Calderoli a definire «porcata» anche questa sua legge sull’autonomia differenziata. «Porcata» come con sincerità pari alla sfacciataggine definì quella (sempre sua) legge elettorale che comunque entrò in vigore. E se crediamo che la sentenza della Corte costituzionale abbia per sempre sotterrato lo «SpaccaItalia», ci crediamo troppo in fretta. Perché la partita, più che finita, per il Sud è appena cominciata. Perché per il Sud sono in gioco i Lep, astruso acronimo dietro il quale si nasconde il suo futuro. Si nascondono quei servizi e quelle infrastrutture così, e sempre tanto, insufficienti per colpa della sperequazione dello Stato, da voler dire tante cose. Da voler dire giovani che vanno via, malati che non si possono curare, famiglie in povertà, lavoro insufficiente, rischio desertificazione. Da voler dire che le pur tante storie di successo del Sud devono farsi strada fra difficoltà altrove inesistenti. Da voler dire dover sempre fare il più con meno. Da voler dire essere sempre considerati diversamente italiani.

Questi Lep (Livelli essenziali di prestazione) significano calcolare ciò che per il Sud non è mai stato calcolato. Cioè i suoi bisogni sempre così ignorati che il livello appunto dei suoi servizi e delle sue infrastrutture è sempre stato al di sotto del minimo costituzionale. Cioè nei confronti del Sud si viola da sempre quella Costituzione secondo la quale nascere a Foggia non deve essere una condanna rispetto a chi nasce a Cremona. Diciamo: tu non puoi avere gli asili nido e quelli sì. Finanche nella «porcata bis» di Calderoli se ne prevede il calcolo, fosse anche come contentino per far passare l’autonomia a favore dei ricchi di Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna. Ma prevedere è una cosa, farlo un’altra.

Tanto per cominciare, il compito è stato finora affidato in modo privatistico (amichettistico) a una commissione e non al Parlamento come la Corte ha detto che si deve fare. E commissione presieduta da un presidente emerito della stessa Corte il cui nome sembrava una garanzia. In effetti una garanzia Cassese finora lo è stato, si tratta di vedere per chi. Perché invece di trasformare i Lep in Lup, Livelli uniformi da qualsiasi parte nasci, la commissione sta tentando di trasformarli in Livelli Difformi. Cioè di lasciarli come ora che difformi sono da una vita, facendo credere il contrario. Questo vuol dire il criterio annunciato secondo cui i servizi da assicurare dovrebbero tener conto del costo della vita di una regione rispetto alle altre: diamo di più dove la vita costa di più.

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Scusa, che c’entra? Ogni cittadino italiano è cittadino italiano punto e basta, non cittadino che paga di più il latte e cittadino che lo paga meno. Perché il cittadino che lo paga di più può consentirselo. Quindi è più ricco. Quindi ancora una volta si vorrebbe dare di più ai ricchi e meno ai poveri. E poi, questo costo della vita. È lo stesso Istat a lanciare l’allarme contro i calcoli di comodo in un inciso che nessuno mai legge.

Il costo si calcola facendo il confronto sul prodotto più venduto. Se il prodotto più venduto in Lombardia è il caviale e in Puglia no, non vuol dire che lì la vita costi di più solo per questo. Costa di più perché c’è più sviluppo e più benessere fino al caviale. Ma allora il Sud non può pagare due volte: per il benessere che gli è stato precluso e per i minori servizi che glielo precluderebbero di nuovo. Al Sud costa meno il pane. Ma quanto costa di più doversi pagare una visita medica privata perché la sanità pubblica funziona meno? Funziona meno anche (e in verità non solo) perché lo Stato finanzia più quella del Nord dove ci sono più anziani. Un criterio che dovrebbe cambiare per tener conto anche della povertà di questi anziani (di più al Sud), oltre che della mortalità sotto i 75 anni (se il signor Lopedote di Mesagne non può curarsi come vorrebbe, potrebbe non arrivare ai 75 come il signor Galli di Montebelluna).

Non è successo una volta in Italia che la Corte costituzionale abbia detto una cosa e il governo ne abbia fatta un’altra. O che l’abbia semplicemente ignorata. Calderoli e compagni continuano a dire che non è successo niente e che il loro capolavoro andrà avanti nonostante la più clamorosa bocciatura della storia. Ma che succede se sotto sotto si convincono (senza dirlo) che non è poi il caso di accanirsi e di lasciar perdere? Già il prode ministro lo ha detto: resterebbe la «legislazione vigente». Cioè la spesa storica statale che ha sempre avvantaggiato il Nord per la decisiva ragione che così si è sempre fatto. E i Lep? E il Sud? Non più pervenuto. Ciò che sarebbe una «porcata tris». Da riconoscere anche questa volta, magari. Ma a tumulazione del Sud avvenuta.



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