La morosità insorta durante una gestione annuale e rimasta insoluta, ove riportata nei successivi rendiconti non impugnati, diviene una posta di debito permanente del condòmino nei confronti del condominio, non soggetta a prescrizione.
Il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute (le quali costituiscono non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quel partecipante), una volta approvato dall’assemblea, può essere impugnato ai sensi dell’art. 1137 c.c., costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso.
E’ quanto ha stabilito il Tribunale di Roma, Sezione 5 Civile, con la sentenza del 4 giugno 2024, n. 9632, mediante la quale ha rigettato l’appello e confermato la decisione resa dal Giudice di pace di Roma con la sentenza n. 7276 del 2019.
La vicenda
Con atto di citazione, ritualmente notificato, Tizio ha proposto appello avverso la citata sentenza del Giudice di pace di Roma, che ha rigettato l’impugnazione del punto l della deliberazione assembleare del giorno 19 aprile 2016 ove prevedeva l’approvazione bilancio consuntivo della gestione ordinaria relativo all’esercizio 2015 e relativo piano di riparto con gestione straordinaria 2015” ed a rifondere le spese di lite a controparte.
In particolare Tizio ha contestato il conguaglio a debito “per esercizi pregressi” di euro 2.100,24 perché prescritto in quanto riferito ad oneri condominiali approvati con l’assemblea del giorno 14 ottobre 2010 senza perciò riguardare somme dovute e maturate nell’anno di esercizio dell’impugnato deliberato.
In altri termini, il rendiconto contabile della gestione ordinaria dell’esercizio 2015 riporta un debito risalente al bilancio consuntivo anno 2009 non più esigibile ai sensi dell’articolo 2948 n. 4 c.c., non avendo il Condominio compiuto atti interruttivi della prescrizione.
Infine ha sostenuto la contraddittorietà della motivazione del Giudice di prime cure perché alla corretta premessa per cui la delibera assembleare costituisce titolo valido per richiedere ai condomini gli importi di cui sono debitori unicamente per l’anno cui si riferiscono e la mera indicazioni di poste pregresse non può rappresentare novazione, non ne ha fatto discendere l’annullamento della delibera.
Ha, pertanto, concluso chiedendo “in totale riforma della sentenza del Giudice di pace di Roma n. 7276 del 20 19 di annullare la deliberazione assembleare del 19 aprile 2016 in ordine al de-
cisum di cui al punto 1) dell’o.d.g con il favore delle spese e di compensi professionali del doppio grado di giudizio, da distrarsi in favore dell’Avv. Caio Vitruvio antistatario”.
Il Condominio Beta si è costituito nel giudizio e nel merito ha chiesto il rigetto dell’appello poiché il debito come risultante dalla delibera impugnata è maturato nel corso del tempo all’esito di una serie di rate condominiali non pagate ed i vari versamenti effettuati dalla condomina venivano imputati ai debiti più vecchi come prescritto dall’articolo 1193 c.c.
Per tale ragione il credito del (omissis) è il risultato del conguaglio che per sua natura muta nel tempo. In tal senso la somma richiesta nell’ultimo conguaglio non concerne debiti relativi agli anni 2009/2010, perché ampiamente saldati, ma somme maturate nei successivi anni.
Infine ha così concluso “rigettare l’appello proposto e per l’effetto confermare la sentenza di primo grado n. 7276 del 2019 emessa dal Giudice di pace di Roma.
In ogni caso, condannare parte appellante alle spese e competenze professionali difensive del doppio grado di giudizio oltre oneri di legge.
La decisione e motivazione
Il Tribunale di Roma, con la citata sentenza n. 9632 del 2024, ha ritenuto i motivi di impugnazione non fondati e ha rigettato l’appello così confermando la sentenza del giudice di primo grado.
Ha osservato il Collegio che Tizio aveva fondato l’impugnazione della delibera assembleare con l’asserita prescrizione del debito a conguaglio risultante dal rendiconto consuntivo relativo all’anno 2015.
Ebbene è risaputo che dall’approvazione del rendiconto annuale in ragione della vincolatività tipica dell’atto come prevista dall’art. 1137 c.c. ne deriva l’insorgenza nonché la prova dell’obbligazione in base alla quale ciascun condomino deve contribuire alle spese.
Pertanto le deliberazione che approva il rendiconto può essere impugnata nel termine previsto dall’art. 1137 comma 2 c.c. per motivi di legittimità e non di merito.
Ai sensi dell’art. 1130 bis c.c.il rendiconto condominiale deve contenere le voci di entrata e di uscita e quindi i versamenti occorsi nell’anno di riferimento in rapporto alle relative manifestazioni finanziarie nonché “ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, con indicazione nella nota sintetica esplicativa della gestione “anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti” con riferimento al risultato economico di esercizio annuale.
Per il principio di cassa i crediti vantati dal condominio vanno inseriti nel rendiconto consuntivo relativo all’anno di esercizio in cui sono maturati. Se, una volta inseriti, il condomino rimane moroso le quote condominiali insolute devono riportarsi nei successivi anni di gestione costituendo così anche una permanente posta di debito nei confronti del condominio.
In altri termini, per principio di continuità della gestione condominiale il rendiconto contabile deve partire dai dati di chiusura del consuntivo dell’anno precedente a meno che l’esattezza e legittimità di quest’ultimo sia stato contestato e accertato giudizialmente con l’impugnazione della delibera assembleare di approvazione.
La Suprema Corte si è pronunciata in tal senso ove ha stabilito che “il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute (le quali costituiscono non solo un saldo contabile dello stato
patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quel partecipante), una volta approvato dall’assemblea, può essere impugnato ai sensi dell’art. 1137 c.c., costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso”, Corte di cassazione, Sezione 6, ord. 15 febbraio 2021, n. 3847, Corte di cassazione, sentenza 25 febbraio 2014 n. 4489.
Giova qui ricordare che la Suprema Corte con la citata ordinanza n, 3847 del 2021, in commento in: «Condominio: la delibera di approvazione della spesa sufficiente per la emissione del decreto ingiuntivo» ha anche precisato che:
nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Corte di cassazione, Sez. 2, 29 agosto 1994, n. 7569).
Il giudice, pronunciando sul merito, emetterà una sentenza favorevole o meno, a seconda che l’amministratore dimostri che la domanda sia fondata, e cioè che il credito preteso sussiste, è esigibile e che il condominio ne è titolare.
La delibera condominiale di approvazione della spesa costituisce, così, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Corte di cassazione, Sez. Un., 18 dicembre 2009, n. 26629; Corte di cassazione, Sez. 2 , 23/02/2017, n. 4672).
Il giudice deve quindi accogliere l’opposizione solo qualora la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l’esecuzione sospesa dal giudice dell’impugnazione, ex art. 1137, comma 2, c.c., o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorché non passata in giudicato, annullato la deliberazione (Corte di cassazione, Sez. 6-2, 24/03/2017, n. 7741).
Dall’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, pertanto, per effetto della vincolatività tipica dell’atto collegiale stabilita dal primo comma dell’art. 1137 c.c., discende l’insorgenza, e quindi anche la prova, dell’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese ordinarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell”edificio (Corte di cassazione, Sez. 2, 05/11/1992, n. 11981).
Una volta, perciò, che il bilancio consuntivo sia stato approvato con la maggioranza prescritta dalla legge, l’amministratore, per ottenere il pagamento delle somme risultanti dal bilancio stesso, non è tenuto a sottoporre all’esame dei singoli condomini i documenti giustificativi, dovendo gli stessi essere controllati prima dell’approvazione del bilancio, senza che sia ammissibile la possibilità di attribuire ad alcuni condomini la facoltà postuma di contestare i conti, rimettendo così in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza (Corte di cassazione, Sez. 2, 23/05/1981, n. 3402).
La citata decisione della Suprema Corte ha, infine, affermato il seguente principio di diritto:
«Il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute (le quali costituiscono non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quel partecipante), una volta approvato dall’assemblea, può essere impugnato ai sensi dell’art. 1137 c.c., costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso»
Ebbene, ha precisato il Tribunale, nel caso in esame le poste di debito attribuite all’appellante sono il risultato, come si è potuto evincere dai documenti e dalla sentenza appellata, di debiti accumulati negli anni, il c.d. conguaglio, che vengono aggiornati nei diversi rendiconti contabili dando così luogo ad una posta di debito permanente di quel condomino senza perciò che possa parlarsi di prescrizione.
Rilevato inoltre che la doglianza di parte appellante si fonda unicamente sull’asserita prescrizione del conguaglio a debito perché riferita ad annualità pregresse e considerato che per il principio di continuità contabile le poste di debito sono di volta riportate e aggiornate nei rendiconti contabili degli anni, l’appello è stato rigettato.
Per tali ragioni, respinto l’appello, Tizio è stato condannato alla refusione alla parte appellata (Condominio) delle spese di lite così come quantificate nella nota spese depositata ai sensi del D.M. 55/2014 e successivi aggiornamenti. (Omissis)
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