La ricerca di Cosimo Veneziano [1] indaga uno spazio non privo di contraddizioni e conflitti. Con pittura, fotografia e scultura, da una decina di anni l’artista italiano riflette sulla complessità che abita la storia e le sue narrazioni. Muovendosi tra archivi, statue e monumenti Veneziano propone una ricerca dentro e fuori dallo spazio espositivo.
Negli ultimi decenni numerosi artisti e artiste, in Europa e negli Stati Uniti, stanno proponendo una lettura attiva e articolata rispetto al significato attuale del termine patrimonio, in particolare per quel che concerne la statuaria nello spazio pubblico. Come la sfera pubblica anche lo spazio urbano è sempre scena simbolica. E a partire dagli anni Duemila, molte progettualità culturali nate anche nell’ambito degli studi postcoloniali e femministi, hanno evidenziato quanto proprio il pubblico si stia delineando come una dimensione abitata sempre più da una crescente complessità che tende ad aprirsi, sfrangiarsi dando spazio anche all’imprevedibilità e all’inatteso.
Gli anni tra il 2020 e il 2023 saranno ricordati dagli storici come anni di ribellione contro le statue. A Bristol, Bogotá, Santiago del Cile, Edimburgo, Johannesburg, Barcellona, Boston e in altre città si sono viste azioni violente contro i simboli del passato. In particolare, il patrimonio monumentale è stato preso d’assalto, dopo l’assassinio di George Floyd, da gruppi di attivisti legati a Rhodes Must Fall e Black Lives Matter. Statue e busti che rappresentano il potere coloniale e il pensiero patriarcale sono state prese di mira sottolineando l’urgenza di una contro narrazione.
In tal senso infatti, è importante segnalare quanto lo spazio del monumento sia un’area attraversata da tensioni opposte, che mostrano come lo spazio pubblico possa essere contenuto, limitato ma anche contestato e ridefinito.
Su questa linea si posiziona il lavoro di Cosimo Veneziano. In particolare l’artista invita a riflettere su ‘come lo sguardo guarda’: utilizzando media differenti, appoggiandosi anche a ricerche scientifiche e nuove tecnologie, l’artista torinese indaga i numerosi elementi che abitano lo sguardo e le narrazioni che ne conseguono. Muovendosi tra immagini recuperate o prodotte dalle intelligenze artificiali, studiando archivi e facendo interviste, Veneziano propone una ricerca sempre in bilico tra il dentro e il fuori dello spazio espositivo.
Tra i differenti strumenti utilizzati dall’artista il disegno è una pratica utilizzata fin dai primi anni di lavoro, in qualche modo l’inizio di ogni progettualità. È uno strumento con il quale mi alleo – racconta – solo dopo un lungo periodo di sperimentazione, finché non ne capto le effettive possibilità soprattutto per un suo eventuale riutilizzo in altri progetti. Spesso lo sento come il meno opportuno tra altri possibili ma nonostante questo continuo a lavorare con il disegno. Per me è un modo di guardare il reale”.
E proprio lo sguardo sul reale e sulle narrazioni della Storia indagate da Veneziano s’inseriscono nel dibattito culturale internazionale che vede, negli ultimi decenni, da parte di artiste e artisti un’urgente necessità di ripensare l’idea di patrimonio inteso non solo come bene da salvaguardare ma anche come insieme di elementi relazionali in continua trasformazione e strettamente legati alla capacità delle comunità d’interpretare, conservare e trasformare le proprie eredità culturali.
Veneziano si misura con un’idea di ‘patrimonio vivo’, uno strumento di mediazione e interpretazione che si riflette su elementi del processo culturale che non solo vengono preservati, ma che continuano a evolversi e a interagire attraverso le interpretazioni delle generazioni presenti e future. Un’idea di patrimonio la sua che va oltre la semplice idea di conservazione, per orientarsi invece verso una visione critica e partecipativa della cultura e che porta una radicale trasformazione dell’idea stessa di monumento e spazio pubblico. I monumenti, come le altre simbologie utilizzati dall’artista sono da intendersi come un ponte tra storia e presente in grado però di proiettarsi anche verso il futuro a dimostrare che i monumenti non sono forme statiche ma strumenti civici in cambiamento. Non a caso molta arte di questi anni sta lavorando intorno alla reinterpretazione del patrimonio anche in relazione alla rilettura e riscrittura di alcuni momenti storici, in particolare quelli del XX secolo, mettendo così in crisi il significato stesso dell’analisi sulla linearità della narrazione storica e la sua interpretazione.
L’archivio di immagini e documenti che Veneziano prende in esame sottolinea proprio queste posizioni evidenziando, ogni volta, un rapporto diverso e discontinuo rispetto alla narrazione ‘ufficiale’, uno sguardo che mette in gioco metodi di indagine e soggettività. Si tratta di una particolare forma di de-costruzione e ri-scrittura del documento. Rispetto allo storico che indaga l’oggettività e l’esattezza dei fatti, la ricerca di Veneziano è invece una somma di episodi, l’indagine intorno a un’informazione mancante rispetto a una parte, qualcosa di stridente, oppure non riconosciuto, non visibile. E a fronte di queste zone in ombra, l’artista propone ogni volta una sorta di work in progress, qualcosa che ricorda la pratica dell’archivista che non ha la pretesa di essere esaustivo ma lascia aperta la narrazione facendo trasparire minimi dettagli che paiono insignificanti.
Sul piano formale e teorico dunque, Veneziano mette in discussione l’idea stessa di documento come di monumento trasformandoli in processi attivi; processi di riflessione come nel caso di Patrimonio dissidente (2024) a cura della Fondazione Connecting Cultures in collaborazione con Qwatz contemporary art platform e il MAC–Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, un progetto tra i vincitori del programma Strategia Fotografia 2023 promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
Patrimonio dissidente è un insieme di opere pensato come un archivio in divenire, ad oggi 14 opere fotografiche che documentano e rielaborano una memoria scomoda. Forme e storie che hanno suscitato critiche e conflitti. Monumenti e architetture – principalmente italiani – che hanno provocato proteste o aperto dibattiti pubblici, spesso vandalizzati o rimossi nel corso di tutto il Novecento e fino ad oggi.
La stele di Axum, il Bigio di Brescia, un colosso nudo alto 7 metri e mezzo, il monumento al giornalista Indro Montanelli ai giardini di via Palestro a Milano, la statua di Lenin a Kyiv, rimossa soltanto nel 2015 in seguito alle proteste dell’Euromaidan, alcuni simboli del colonialismo occidentale come la statua di Cristoforo Colombo abbattuta a Rhode Island e quella del mercante di schiavi Edward Colston finita nelle acque del porto di Bristol nel 2020. Nella raccolta anche due controversi monumenti dedicati a donne: La violata, realizzato ad Ancona in ricordo delle donne vittime di violenza e quello dedicato all’attrice Manuela Arcuri a Porto Cesareo.
Veneziano interviene su tutte le immagini con un trattamento manuale di coloritura ad anilina come si usava sulle foto analogiche, un intervento teso a rendere evidente i continui – quanto sottili – cambiamenti della storia a dispetto dei materiali utilizzati per la statuaria pubblica e che vogliono essere eterni.
Con pratiche che si avvicinano al contro-monumento, l’artista torinese intende sottolineare un rinnovamento e un significato in opposizione alle caratteristiche di visibilità ed espressività dell’arte monumentale allontanandosi dalle convenzioni classiche della scultura e dell’architettura e dalla diffusa celebrazione retorica, privilegiando invece istanze di decostruzione, di azioni progressive e processuali.
Uno dei primi esempi ideati dall’artista in questo senso è Questo è dunque un monumento? (2012) che nasce da un’attenta ricerca presso l’Archivio Storico di Torino rispetto al fondo della fabbrica Superga. Attraverso la lettura dei documenti e dalla rielaborazione del materiale cartaceo dell’archivio della nota fabbrica torinese, dalle mappe e da una serie d’immagini fotografiche accompagnate da alcune interviste realizzate a un gruppo di ex operaie, Veneziano ha realizzato un monumento ‘minimo’ che ricorda la presenza nella produzione industriale del XIX e XX secolo delle lavoratrici e al contempo segnala l’assenza nello spazio pubblico della memoria di figure femminili legate alla storia del lavoro nonostante per molti decenni le donne, anche solo nella fabbrica torinese, fossero l’80% del numero complessivo di lavoratori.
Segnando una chiara linea di ricerca, Veneziano utilizza, interroga, reinterpreta i materiali d’archivio e indaga anche la statuaria pubblica. La sua pratica infatti si misura con la contemporaneità e apre un pensiero critico legato a una possibile angolatura differente, dissonante, in grado di riposizionare accadimenti e le loro rappresentazioni nello spazio urbano.
Un altro esempio di questo tipo di riflessione rispetto al patrimonio lo si ritrova in Petrolio (2017), titolo che rimanda alla nota opera di Pierpaolo Pasolini. Una serie di disegni nei quali l’artista ha riprodotto due opere: la sagoma di un toro androcefalo e una scultura religiosa originarie dell’epoca assiro-babilonese entrambe distrutte durante i conflitti in Medio-Oriente.
Le immagini proposte dall’artista non compaiono mai nella loro interezza, sono invece parzialmente coperte da un panno in feltro che lascia trasparire solo alcuni particolari. Veneziano propone così uno spazio visivo per frammenti, particolari, tracce impossibili da ricomporre. Con la riproduzione di figure umane armate di martello e nell’atto di distruggere, in Giorni di un futuro passato (2017), l’artista riprende invece immagini usate dalla propaganda nel corso di alcune rivoluzioni della storia e le mette in dialogo tra loro evidenziando l’enfasi posta sull’atto e l’azione che sottende ai processi di rottura e cambiamento.
I percorsi di ricerca preliminari all’opera sono dunque il centro della metodologia di Veneziano, azioni e progetti che si propongono come processi di conoscenza e consapevolezza.
“Se da un lato l’artista ha il compito di reinterpretare l’attuale con un bagaglio acquisito negli anni e uno sguardo rivolto verso il futuro, – ricorda Veneziano – dall’altro deve scontrarsi sempre con il presente che sembra avere il compito, per assurdo, di ostacolare un ruolo così difficile, fragile, mai come in questo momento storico. Non a caso lavoro molte volte a partire da archivi d’immagini, ‘scarti’ che nella mia ricerca vogliono comporre una sorta di patrimonio sociale, architettonico, urbano”. Quelle di Veneziano prima che opere possono essere definite come ‘tracce di storia’, spunti di riflessione che a partire da una rilettura attenta e specifica su un fatto o intorno a un documento aprono interrogativi in merito al sempre più difficile equilibrio tra la Storia e i suoi percorsi plurali, tra la memoria privata e quella collettiva, tra la storia ufficiale e quella rimossa o scomoda perché in fondo, ricorda ancora l’artista, “Quello che vediamo è quello che descrive il contesto in cui viviamo”.
NOTE
[1] La pratica di Cosimo Veneziano è caratterizzata da un’ampia attività di ricerca e workshop che si focalizza sullo sviluppo della scultura e del disegno in stretta relazione con i luoghi e la Storia che li hanno ispirati. La sua produzione si è inoltre sviluppata verso l’ideazione di opere d’arte nello spazio pubblico, tra le quali il monumento a Pinot Gallizio e Constant ad Alba, e il progetto FUTURA nell’ambito del programma Nuovi Committenti a Rovigo. Tra le mostre personali più recenti: Patrimonio Dissidente, MAC DI Lissone con il sostegno di Strategia Fotografia 2023, L’acqua (2000) nella sede del Museo della Montagna di Torino nell’ambito di Art Site Festival, Biomega Multiverso, CAMERA, Torino e MUFUOCO – Museo di Fotografia di Cinisello Balsamo, realizzata grazie al sostegno dell’Italian Council, 2019, Bando Ora della Fondazione Compagnia di San Paolo e promosso dalla Fondazione Sardi per l’Arte di Torino.
Tra le collettive in Italia e all’estero: L’Italia è un Desiderio, fotografie e paesaggi e visioni presso le Scuderie del Quirinale, Roma, 2023; MOSTRA REFOCUS Archivio visivo della pandemia, Triennale di Milano, 2021. Nel 2018 viene selezionato per il premio Talent per la fotografia ed esposto al MACRO di Roma. Il suo progetto Patrimonio Dissidente, a cura della Fondazione Connecting Cultures in collaborazione con Qwatz contemporary art platform e il MAC–Museo d’Arte Contemporanea di Lissone è tra i vincitori di Strategia Fotografia 2023, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.
ABSTRACT
Cosimo Veneziano’s artworks explore a space filled with contradictions and conflicts. For over a decade, the Italian artist has examined the complexities of History and its narrations through painting, photography, and sculpture. By engaging with archives, statues, and public monuments, he pursues a line of inquiry that extends in and out of exhibition space. His investigation connects with an international debate that has seen artists urgently re-evaluate the idea of heritage not only as something to preserve, but also as relational elements in constant transformation. This concept is closely linked to the ability of communities to interpret, maintain, and reshape their cultural legacies.
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